La “Grande Madre” di Salvatore Rizzuti

GiuseppeAlletto

pubblicato su: , autore: GiuseppeAlletto

Una figura possente e misteriosa accoglie lo spettatore presso il suggestivo spazio del Teatro Andromeda a Santo Stefano Quisquina (Agrigento).
Si tratta della “Grande Madre” dell’artista Salvatore Rizzuti, uno dei maggiori scultori siciliani viventi.
L’opera trova nel bellissimo teatro, creato da Lorenzo Reina, la sua collocazione ottimale. L’architettura si ispira infatti a una presunta estetica pre-greca o, finanche, pre-omerica, i cui riferimenti si perdono nella notte dei tempi rimandando così a quello stadio primigenio della civiltà indoeuropea che si pensa si sia retto sul matriarcato.
Il volto coperto da un drappo annulla l’identità della figura non tanto per facilitare un’illimitata identificazione in essa ma soprattutto al fine di citare direttamente la funzione archetipica del simbolo femminile inteso come voragine da colmare di senso, campo da arare e lavorare per un rinnovarsi inesausto del ciclo cosmico.
Le asprezze gotiche che caratterizzano molte delle creazioni di Rizzuti lasciano qui spazio alla forma morbida e tondeggiante che evoca una femminilità materna e impenetrabile.
Il seno che crolla pesante, il ventre ampio e prominente, le braccia a chiudersi in un anello ideale eppure naturalissimo nel groviglio delle mani: la figura scolpita da Rizzuti appare di continuo impegnata a espandersi verso l’esterno e a ripiegare verso il suo interno, esprimendo così, già a livello formale, la dinamica ciclica che appartiene allo scorrere del tempo e al continuo trascolorare della vita in morte e della morte in rigenerazione. La Grande Madre di Rizzuti va intesa come ultimo exemplum scultoreo di una femminilità mitica che si fa emblema della Natura e del Cosmo stesso.
Salvatore Rizzuti non fa il pagano, è “pagano”.
Il suo rapporto con la realtà e con i suoi simboli non è mediato alla maniera dei moderni o dei contemporanei. Le particolari condizioni in cui ha vissuto lo hanno condotto a instaurare un rapporto “immediato” con la realtà che lo circonda, divenendo un tutt’uno col silenzio e con il pulsare delle profondità della Natura.
In lui il confine tra Soggetto e Oggetto diviene sottile fin quasi a scomparire.
In lui la nozione cede il posto all’esperienza, l’analisi al sentimento, la conoscenza alla Sapienza.