L’archetipo della donna nelle sculture

Franco La Rosa

pubblicato su: Supplemento al n. 12 della rivista "Palermo", novembre 1986 autore: Franco La Rosa

Analizzare l’opera di Rizzuti sotto l’aspetto della psicologia del profondo implica far emergere le componenti essenziali dell’arte come momento di unione della individualità dell’artista e la sua creatività, quale incarnazione di miti e sogni che rivestono di tensione le forme scultoree.
Il contrasto tra l’esterno e l’interno nell’uomo si riflette nella ricerca di un rapporto tra la creazione artistica e la realtà archetipica.
Le masse corporee delle figure femminili terrene rinviano continuamente a misteriose evocazioni o all’infinito silenzio.
Le trasformazioni delle masse che si librano nel vuoto come a creare lo spazio, delineate dall’autore con ritmi precisi e incalzanti non sono mai formali, ma svelano la ignota e imperscrutabile interiorità e i contrasti profondi che, come fantasmi, emergono nelle apparenze.
E’ come se nello sviluppo individuale della ricerca del sé, gli archetipi si imponessero quali forme sempre nuove: il grande archetipo femminile con le sue multiformi realizzazioni corrisponde ai diversi momenti della lotta combattuta dall’artista-creatore, per il raggiungimento delle sue aspirazioni.
Nell’autentica ricerca dello stato primordiale dell'”essere” le figure assumono, quasi d’incanto, delle trasformazioni non casuali, ma come sorgenti dall’inconscio, liberando situazioni dinamiche interne.
La forma nuova supera il contenuto nelle continue metamorfosi dell’uomo-animale; ma quale radice onirica e inconscia correla l’intuizione artistica della scultura stessa?
La via della liberazione dal sostrato terreno, attraverso la frequente figura femminile, simbolo ctonio, viene delineata dalla modificazione che essa subisce nel volto e negli arti.
Attraverso una lettura iconologica, l’essenza delle sculture ci rivela connessioni con antiche rappresentazioni mitiche, evidenziando aspetti archetipici connaturati all’Homo Faber che nel rapporto con la materia delle sue opere, il legno, stabilisce un contatto ancestrale con gli elementi della natura e ne svela le opposizioni.
L’archetipo del Femminile rappresenta il simbolo della totalità che regge il mondo in tutti i suoi aspetti contrastanti. Il femminile, a livello mitico, è il primo passaggio verso la trasformazione; è il momento iniziale di contatto con i simboli più arcaici; è conoscenza delle parti più profonde del mistero della creazione, momento di passaggio dall’inconscio al conscio, al palese, al manifesto. Ed è proprio questo archetipo ad emergere dall’opera di Rizzuti nelle realizzazioni di donne con teste di serpente, gatto, aquila; attraverso riferimenti mitici e iconografici le sue opere svelano come il momento creativo si associ parallelamente al suo problematico porsi nei confronti dell’Essere e del proprio processo di individuazione.
La rappresentazione mitica del serpente, ad esempio, ci riporta al simbolo di Gea che feconda e avvinghia tutti gli elementi naturali della superficie terrestre. L’archetipo del femminile, in questo caso, appare come la potenza e il fascino del numinoso che agiscono dissolvendo la coscienza dell’Io.
Le figure femminili dalla testa di serpente denunciano l’impossibilità a liberarsi dagli istinti primordiali che sono comunque insiti nella morfologia corporea della donna scolpita; sembra infatti che il braccio, nell’estremo tentativo di divincolarsi, non riesca a sottrarsi a questa forza primordiale.
(…) La fantasia artistica dell’autore è da intendersi tanto in senso causale, come sintomi di uno stato fisiologico o personale, risultato dei suoi vissuti precedenti, che come momento finalistico simbolico che tenta attraverso il materiale usato di caratterizzare o individuare un determinato obiettivo ben lontano da ogni compiacimento narcisistico.
La sua fantasia attiva è il principale contrassegno dell’esperienza spirituale; non è a questo proposito difficile cogliere la simbologia dell’ultima Croce dell’artista, in quanto non esprime il superamento degli istinti animaleschi dell’uomo, rivelati in altre opere. Questa Croce non è raffigurata in senso tradizionale, ma piuttosto simbolizzata nella “croce-albero”, come immagine della Madre, che con i suoi rami tenta l’unione con l’Eroe. Quest’immagine perfetta armonia di volumi prorompenti, è un atto di supremo coraggio e nello stesso tempo di suprema rinuncia; attraverso la quale l’umanità può ancora sperare la suprema salvezza, giacché solo un’azione come questa, evidenziata dal trionfo della “morte-resurrezione”, mirabilmente espressa nella scultura lignea, sembra adeguata ad espiare la colpa di Adamo, la sua sfrenata istintualità.

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